I referendum abrogativi previsti per l’8 e il 9 giugno riguardano questioni sensibili per la collettività e i lavoratori perché intendono modificare alcune norme relative a cittadinanza, licenziamento e sicurezza.
La validità sarà effettiva solo al raggiungimento del quorum ovvero se almeno il 50% più uno degli aventi diritto al voto si recherà alle urne.
I cinque quesiti dei referendum
1 – Contratto di lavoro a tutele crescenti: disciplina dei licenziamenti illegittimi (abrogazione)
Il primo quesito riguarda l’abrogazione di un passaggio del jobs act e il ripristino della tutela reale in caso di licenziamento senza giusta causa.
Finora, quando un lavoratore assunto dopo il 7 marzo 2015 dimostra l’illegittimità della procedura nei confronti del proprio datore ottiene semplicemente un risarcimento.
Votando sì al referendum si stabilisce il diritto del dipendente ad essere anche reintegrato in azienda.
2 – Piccole imprese: licenziamenti e relativa indennità (abrogazione parziale)
Il secondo quesito tratta nuovamente il tema del licenziamento illegittimo concentrandosi sulle imprese che contano al massimo 15 dipendenti (art. 8 della Legge 15 luglio 1966).
La situazione attuale prevede un limite all’indennizzo economico che ammonta a sei mensilità. Votando sì al referendum si restituisce ai giudici la piena discrezionalità e la responsabilità nel determinare il risarcimento in base alla gravità della violazione.
3 – Abrogazione parziale di norme in materia di apposizione di termine al contratto di lavoro subordinato, durata massima e condizioni per proroghe e rinnovi
Il terzo quesito agisce su molteplici articoli che compongono la Legge riguardo la regolamentazione dei contratti a termine. L’obiettivo è l’eliminazione delle facilitazioni legislative per coloro che ricorrono a questa tipologia di contratto in funzione di una maggior stabilità e sfavorendo la precarietà.
Ad oggi è possibile sottoscrivere contratti validi fino a un anno senza indicare ragioni specifiche. Votando sì al referendum si punta a ristabilire vincoli già rigidi obbligando il datore di lavoro a indicare sempre la motivazione della scelta al momento dell’assunzione in base alle causali previste dai contratti collettivi previsti dai sindacati.
4 – Esclusione della responsabilità solidale del committente, dell’appaltatore e del subappaltatore per infortuni subiti dal lavoratore dipendente di impresa appaltatrice o subappaltatrice, come conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici e subappaltatrici (abrogazione)
Il quarto quesito riguarda gli infortuni in caso di appalto sottolineando i tema sempre più attuale di salute e sicurezza.
L’obiettivo dei promotori del referendum è rafforzare le tutele aumentando le misure preventive e le responsabilità di tutte le parti coinvolte soprattutto in caso di appalto e subappalto (evitando gare al ribasso spesso sostenute da prezzi sbilanciati nei confronti di qualità e sicurezza).
Oggi in caso di infortunio, l’azienda che ha appaltato il lavoro (committente) non si fa carico dei rischi specifici dell’appaltatore. Votando sì viene eliminata la norma che esclude la responsabilità solidale in caso di incidente.
Se quindi il lavoratore di una PMI si fa male mentre è impegnato per un’appaltatrice entrambe le aziende saranno ritenute responsabili.
5 – Cittadinanza italiana: dimezzamento da 10 a 5 anni dei tempi di residenza legale in Italia dello straniero maggiorenne extracomunitario per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana
Il quinto e ultimo quesito riguarda la cittadinanza per gli stranieri non appartenenti all’Unione Europea.
Oggi la richiesta di cittadinanza è subordinata al requisito di dieci anni di residenza legale in Italia.
Votando sì al referendum il tempo viene dimezzato a cinque anni.
La cittadinanza italiana permette, oltre al diritto a partecipare attivamente alla vita politica, l’accesso ai concorsi pubblici e la possibilità di spostarsi liberamente per i territori europei.
È giusto specificare che le tempistiche reali sono dai tredici agli otto anni perché considerano gli iter burocratici dal momento della richiesta a quando effettivamente viene valutata e approvata dal legislatore.
Come e quando si vota
I seggi saranno aperti domenica 8 giugno dalle 7 alle 23 e lunedì 9 giugno dalle 7 alle 15.
Il referendum è composto da cinque schede, una per quesito.
Ognuna di esse presenta una casella per il sì e una per il no.
Votare sì significa essere favorevoli all’abrogazione della legge.
Votare no significa mantenere lo stato attuale.
Per fare un’esempio oggettivo, votare sì al quesito sulla cittadinanza significa essere favorevoli all’abbassamento dei tempi a 5 anni. Al contrario, votare no mantiene i 10 attuali.
È possibile votare per singolo quesito?
Il voto, e di conseguenza il quorum, viene valutato per singolo quesito.
È dunque possibile richiedere una singola scheda lasciando in bianco (o rifiutando) le altre.
Seguendo l’esempio precedente è possibile votare solo per la cittadinanza tralasciando quelli sul lavoro.

Documenti richiesti
È possibile accedere alle urne presentando:
- documento d’identità (anche scaduto) che presenti una fotografia per la riconoscibilità (patente, carta d’identità, etc.)
- tessera elettorale indicante il seggio assegnato. Qualora fosse completa (non ci fosse più spazio per altri timbri) o smarrita è possibile rivolgersi all’ufficio comunale elettorale. Le operazioni di emissione o rinnovo richiedono pochi minuti. Infine, se si trattasse della prima votazione, la tessera viene spedita all’indirizzo di residenza indicato.
Voto fuori sede: come funziona e come si richiede
Votare fuori sede significa votare nel comune in cui si vive e non in quello indicato come residenza. È possibile accedere alla procedura se ci si trova in un comune o una provincia diversa da quella di residenza da almeno tre mesi (compresa la data del referendum) per ragioni di studio, lavoro o cure.
Il referendum dell’8 e 9 giugno prevede il voto fuori sede ma la richiesta deve essere inoltrata al comune in cui si vive entro il 4 maggio 2025 (compreso).
Come inoltrare la richiesta e quali documenti presentare
La richiesta per votare fuori sede può essere fatta online (in base al comune), di persona agli uffici comunali in cui si vive oppure delegando un’altra persona.
Per inoltrare la domanda sono necessari i seguenti documenti:
- copia di un documento d’identità valido.
- copia della tessera elettorale.
- copia della certificazione (o autocertificazione) attestante il motivo del voto fuori sede per studio, lavoro o cure.
Entro cinque giorni dal referendum il comune al quale è stata inoltrata la richiesta invierà il certificato che permetterà l’accesso alle urne (il numero del seggio è indicato sullo stesso). È bene sottolineare che quest’ultimo documento deve essere presentato insieme agli altri al momento del voto (pena l’esclusione).
Cosa indica il voto
I referendum indicano il grado di partecipazione alla vita politica del Paese e di conseguenza possono dare informazioni importanti in tal senso.
Se ad esempio aumentano le richieste per il voto fuori sede significa che la pratica merita maggior attenzione e una normativa che ne ottimizzi le specifiche.
Nella maggior parte dei casi la presenza ai seggi indica volontà di abrogare le leggi vigenti nell’ottica di un forte cambiamento.
Votare no significa decidere di mantenere le cose come stanno ma anche interesse alla partecipazione.
L’assenza dai seggi infine potrebbe essere il segnale a non volere il raggiungimento del quorum sottolineando disinteresse alla creazione di referendum come questo e disincentivando il ruolo dei cittadini alle iniziative e alle scelte politiche del Paese.
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